Ottobre 2015

Trasformare la cittadella Expo un grande hub per l’innovazione, in cui si faccia ricerca e sviluppo per l’agricoltura biologica e biodinamica e formazione per i nuovi agricoltori. È quello che chiedono al governo i rappresentanti del Forum Internazionale del bio, che proprio a Expo si è formato, in una lettera pubblicata oggi dal Corriere della Sera e firmata da Carlo Triarico, Presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica; Vincenzo Vizioli, Presidente di Aiab; Federico Marchini, Presidente di Anabio; Duccio Campagnoli, Presidente di Bologna Fiere; Ignazio Garau, Direttore di Città del Bio; Paolo Carnemolla, Presidente FederBio; Paolo Parisini, Presidente FNP Agricoltura Biologica di Confagricoltura e Maria Grazia Mammuccini, Vicepresidente Navdanya International.

“Rappresentiamo 50 mila aziende biologiche e biodinamiche italiane, con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro, estese ormai su 11,2% della superficie agricola nazionale”, scrivono i responsabili delle associazioni del bio. “Condividiamo l’urgenza di una scelta che capitalizzi i grandi sforzi compiuti dal Paese su Expo, perché oltre Expo resta l’impegno a nutrire il Pianeta di cibo, idee e pratiche nuove. Il nostro paese è già oggi leader della Bioagricoltura, nonostante il grave ritardo istituzionale e accademico. Valorizzando la sussidiarietà, l’Italia avrebbe tutte le caratteristiche per proporsi al mondo come la piattaforma di una grande innovazione agraria e industriale in senso ecologico”.

A fronte di un grande successo, anche in termini economici, il settore del biologico denuncia una sostanziale assenza delle istituzioni per lanciare con ancora maggiore forza quello che appare ormai il vero brand italiano, quello dell’agricoltura ecologica. La destinazione di Expo a cittadella della ricerca potrebbe riempire questo vuoto. “Abbiamo bisogno di sementi pensate per il nostro metodo agricolo, con una grande adattabilità all’ambiente, con una forte agrobiodiversità, invece di essere costretti a usare mezzi più adatti all’agricoltura convenzionale. Utilizziamo ancora troppo le fonti energetiche fossili e invece servono macchine a risparmio energetico, con una forte presenza delle fonti rinnovabili. Dobbiamo prepararci ai cambiamenti climatici con tecniche che rispondano alla desertificazione e alle alluvioni”, elencano i firmatari della lettera.

“Occorre una ricerca per aumentare il valore nutrizionali degli alimenti, la loro durata, la vitalità e, dove necessario, le rese. Servono studi e competenze per eliminare l’uso agricolo di sostanze tossiche, di cui non ci sarebbe bisogno se ci fosse conoscenza. Dobbiamo ricercare modelli alimentari che incidano positivamente sulla salute. Bisogna studiare nuovi criteri e analisi della qualità e della vitalità degli alimenti. Bisogna diffondere una cultura d’impresa a impatto sociale, per garantire la sostenibilità delle aziende agricole in connessione col mondo economico. Dobbiamo recuperare la cultura alimentare fin dall’infanzia, progettare le vie della sostenibilità per le sane pratiche agricole, artigianali e industriali. Da subito occorre lavorare a nuovi modelli di sviluppo, che siano esemplari ed esportabili su scala internazionale. Per tutto questo occorrono un piano sistemico e partecipativo, risorse e strutture”, affermano i rappresentanti del Forum. Che chiedono di “far presto: lo stato dell’ambiente, la dispersione delle competenze professionali, la progressiva chiusura delle aziende storiche impongono investimenti in bioagricoltura, per l’urgente messa in campo della sapienza e la sua applicazione nelle politiche di sviluppo”.

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